Io ti aspetto by Luca Castellitto

autore:Luca Castellitto [Castellitto, Luca]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Biography & Autobiography, General
ISBN: 8856614707
Google: g4TuTioIoWkC
Amazon: B005WSP5Z0
editore: EDIZIONI PIEMME
pubblicato: 2010-10-06T22:00:00+00:00

Mi strinse a sé e disse: «Non preoccuparti, Nati! Andrà bene comunque. E ce la faremo!».

La guardai sperando che avesse ragione e proprio in quel momento un impiegato uscì da una stanza e fece un cenno all'avvocato.

«Tocca a noi!» Varcammo la porta ed entrammo in una grande aula di tribunale.

Eravamo al tribunale dei minori, il posto in cui la legge si occupa dei bambini della mia età.

Io, a dire il vero, non avevo mai visto un tribunale e nemmeno un giudice. Ma non mi aspettavo niente di buono, perché la legge la conoscevo bene: portava le uniformi dei poliziotti che mi avevano trascinata via da casa e lo sguardo gelido dell'assistente sociale che aveva spinto mia madre a vergognarsi di sé. Questo mi venne in mente quando mi sedetti davanti ai giudici.

Tre signori, anzi due signori e una donna, che stavano dietro un lungo banco e indossavano dei mantelli neri.

Ricordo di essermi chiesta perché non portavano vestiti un po' più allegri. Mi sembrava tutto molto triste. E a poco servì il sorriso che il signore di mezzo mi rivolse immediatamente.

«Come ti chiami, piccola?» «Natasha.» «Natasha come?» «Natasha Vladimirovna Rytzko, vostro onore.» L'intervento dell'avvocato, in piedi al mio fianco, mi tranquillizzò.

«Immagino che Vladimirovna sia il patronimico e Rytzko il cognome.» «Esatto, vostro onore.» «E perché sei qui, Natasha?» «La nostra assistita, vostro onore, vorrebbe diventare figlia adottiva della mia cliente, Annalisa Dessalvi, e...» «Ho letto la pratica» lo interruppe il giudice «e so di cosa si tratta. Ma vorrei sentire queste cose dalla bambina. Mi lasci fare il mio lavoro.» «Mi scusi, vostro onore.» L'avvocato si sedette e io guardai mami, che mi stringeva la mano. I suoi occhi dicevano "dai, che ce la fai! ", ma io mi sentivo sola. L'idea di parlare con quel signore sconosciuto non mi piaceva affatto. E non mi andava di raccontare le mie cose a degli estranei.

«Natasha, mi capisci? Capisci l'italiano?» Feci cenno di sì con la testa.

«Bene! Mi vuoi dire perché ti trovi qui?» Cercai di raccogliere nella mia testa di bambina le parole giuste, ma non vennero.

«Dunque?» Guardai il giudice, che mi fissava benevolo, ^ sentii la mano di Annalisa stringere la mia ancora più forte.

Ma non parlai. E passò così un minuto buono. Fino a quando l'uomo sospirò.

«Ti faccio un'altra domanda. Vuoi che la signora Annalisa diventi tua mamma?» A sentire quelle parole, gli occhi mi si inumidirono. Di nuovo, con prepotenza, mi tornò in mente il pensiero di mia madre, che non vedevo dal giorno in cui ero entrata in istituto. Non capivo perché quell'uomo mi faceva una domanda così difficile. Tirai su con il naso e cercai in tasca un fazzoletto. Fu mami a passarmelo.

«Hai paura? Non vuoi rispondere?» «Non ho paura» mormorai.

«Come? Parla più forte!» «Non ho paura!» dissi.

«Bene,» sorrise il giudice «e allora dimmi cosa pensi.

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